Dal Vangelo secondo Luca 9, 28b-36

Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre Pietro parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
E mentre c’era la voce, restò Gesù solo.
Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Nella seconda domenica di Quaresima, ogni anno la liturgia ci fa riflettere sulla trasfigurazione di Gesù.

È una delle pagine più note dei Vangeli, conosciamo tutti questo racconto che la tradizione ha ambientato sul monte Tabor, un monte molto bello, sorge al centro della pianura di Esdrelon, un monte sacro fin dai tempi più remoti… già i Cananei, quindi 2.000 – 3.000 a.C. salivano su questo monte per offrire i sacrifici alle loro divinità.

Un monte coperto di lecci, querce, terrebinti… e la tradizione cristiana ha ambientato il racconto della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.

Difatti, già nel 3° secolo hanno costruito una cappella su questo monte e poi quando sono arrivati i bizantini, hanno costruito 3 cappelle in ricordo delle 3 tende che Pietro voleva costruire.

Anche la chiesa attuale che si trovava sulla cima di questo monte, quella del Barluzzi, del 1924, presenta 3 cappelle, le 2 torri laterali sono costruite sopra le cappelle di Mosè e di Elia della tradizione bizantina.

Questo racconto è spesso ritenuto una specie di squarcio di paradiso del quale Gesù avrebbe privilegiato 3 dei suoi discepoli, ma se lo interpretiamo in questo modo, a noi può suscitare una certa invidia di quei 3 che hanno avuto questa fortuna e forse ci viene anche il dubbio che poteva essere anche un’allucinazione, ma comunque a noi non avrebbe molto da dire.

Diciamolo subito, il brano non è il racconto di un fatto materiale, è una pagina di teologia e di catechesi composta con immagini attinte dalla Bibbia.

Noi cercheremo di capire queste immagini, di decodificarle per tradurle in messaggio che parli alla nostra vita di oggi.

Per quale ragione viene proposta questa pagina sempre nella 2° domenica di Quaresima?

È molto facile capire, cogliere la ragione, è che vuole prepararci a leggere in modo corretto i racconti della Pasqua.

Cosa ascolteremo noi nei prossimi giorni?

Il racconto della passione e morte di Gesù, un uomo saggio, buono, generoso, ma che è finito male.

Come capire questa vita, questo insuccesso?

Fosse rimasto tranquillo a Nazareth nessuno gli avrebbe fatto del male.

Cos’è accaduto?

Lui ha voluto cambiare il mondo e, inevitabilmente, si è scontrato con i gestori dei poteri del mondo vecchio che volevano perpetuare il loro dominio… ha perso;

si è scontrato con coloro che detenevano il potere nell’istituzione religiosa e ha perso;

si è presentato come agnello in mezzo ai lupi in una società dove si compete, dove si cerca di sopraffare il più debole, era un agnello… ha perso.

In un mondo dove chi è ammirato, chi è apprezzato?

Non chi perde, ma chi vince, chi domina, chi si fa servire e in questo mondo lo schiavo che si fa servo non vale nulla, non è nessuno.

Gli uomini la pensano così e Gesù è uno sconfitto e allora nessuno è invogliato a seguirlo, a essere come Lui, ma… stanno così le cose?

È giusto il giudizio degli uomini?

Noi lo sappiamo la fatica che hanno fatto i nostri fratelli di fede delle prime generazioni a capire la croce… non lo volevano come simbolo!

Sappiamo che i primi cristiani avevano come simboli l’ancora, il pesce, il pellicano, il pavone, il Chi Rho… non la croce.

La croce ha cominciato a diventare un simbolo dei cristiani solo nel IV secolo, al tempo di Costantino, perché la croce era il simbolo di una sconfitta, motivo di biasimo.

L’evangelista Luca ha scritto questo racconto al tempo di Domiziano, sullo sfondo vi ho messo il celeberrimo graffito del Palatino, è stato trovato negli scavi del pedagogium che era una sorta di collegio destinato alla formazione dei paggi imperiali, dei giovani che venivano dalla società medio-alta di Roma.

Cosa presenta questo graffito che è del tempo di Domiziano, proprio quando Luca scrive il suo Vangelo?

C’è un uomo su una croce, un uomo con la testa d’asino, poi c’è un suo devoto che lo adora e c’è un’iscrizione in greco ΑλΕξΑΜΕΝΟς CЄΒΕΤΕ ΘΕΩN che significa “Alexameno adora il suo Dio” ; chiaramente Alexameno era un nostro fratello, i suoi colleghi lo prendevano in giro, hanno fatto questo graffito e dicono… “ecco il dio adorato da Alexameno, uno con la testa d’asino finito sulla croce”.

La croce era simbolo di biasimo, Paolo nella Lettera ai Corinzi dice:

Attenti che non è una sconfitta, non è un motivo di scandalo come lo ritengono i giudei e non è una follia come ritengono i pagani, ma è segno di una sapienza che non è quella di questo mondo, dove è valutato chi vince, chi domina, la Sapienza di Dio è l’opposto, la grandezza sta in chi serve”

Per far comprendere questo ai cristiani delle loro comunità e a noi oggi, gli evangelisti non hanno fatto dei ragionamenti, i semiti non fanno dei ragionamenti, compongono racconti, è attraverso un racconto che l’evangelista Luca ci vuole invitare a leggere in modo corretto ciò che è capitato a Gesù e non lasciarci sedurre dai criteri di giudizio degli uomini.

Sentiamo come inizia questo racconto:

Circa otto giorni dopo questi discorsi, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme.

Otto giorni dopo questi discorsi.

In genere nei Vangeli, gli episodi sono accostati l’uno all’altro senza indicazioni di tempo, qui invece c’è un chiaro riferimento a ciò che Gesù ha detto otto giorni prima; è l’invito che l’evangelista fa ad andare a rivedere ciò che Gesù ha detto per capire quello che adesso lui ci racconterà.

Gesù aveva annunciato in modo chiaro il destino che lo attendeva, aveva detto:

Il figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, verrà ucciso, ma le cose non finiranno così perché la mia vita donata si concluderà nella gloria della risurrezione”.

Poi aveva subito aggiunto rivolto a tutti i presenti:

“Se qualcuno vuole fare la stessa scelta di vita che io faccio e che vi propongo, dimentichi se stesso, quando fa delle scelte deve pensare non più al proprio tornaconto, ma al bisogno, alla vita del fratello”.

Ne sentiamo tante di proposte di vita, c’è chi ci dice “goditi la vita, arricchisci, cerca di farti valere, trova il modo di farti ammirare, di essere considerato un dio in questo mondo”.

Gesù fa la sua proposta… qual è il problema?

È che non c’è alcuna verifica concreta che Lui abbia ragione, non abbiamo prove inconfutabili e sorge il dubbio… “ma se io ascolto Lui, alla fine non avrò dei rimpianti per non essermi goduto la vita come tanti fanno, per non aver pensato a me stesso, per non aver fatto ciò che mi piace?”.

Eccola la fede!

Non ci sono prove, tutto si gioca con la fede, con la fiducia nella sua Parola, “mi fido di te”.

Luca vuole aiutare i cristiani delle sue comunità e noi oggi, a capire che la proposta che Gesù fa è quella giusta per non perdere la vita.

E che cosa fa per convincerci?

Ci racconta il cammino spirituale che hanno fatto i discepoli, sappiamo molto bene che quando Gesù parlava di queste cose, loro si stappavano le orecchie, si chiudevano gli occhi, non volevano vedere dove Gesù andava, volevano continuare a coltivare i loro sogni.

Pietro reagiva e diceva a Gesù:

Ma questi non sono discorsi da fare, ti sono suggeriti dal maligno…. tu devi essere un vincitore”.

Quali passi hanno fatto i discepoli?

Non tutti, ma un gruppetto ha cominciato a capire prima degli altri che la scelta che Gesù proponeva era quella giusta.

E con quali immagini l’evangelista ci racconta questo cammino spirituale che loro hanno fatto, perché è il cammino che suggerisce oggi a noi.

Anzitutto si sono lasciati accompagnare da Gesù sul monte.

Cos’è questo monte? Non è un monte materiale, non è il monte Tabor, è il mondo di Dio.

Gesù ha introdotto un gruppo dei discepoli che sono arrivati prima degli altri a lasciarsi penetrare dalla luce del cielo, dal modo di pensare di Dio, si sono staccati dalla pianura e sono saliti in alto.

Cos’è questa pianura?

È il luogo dove vivono tutti, dove tutti ragionano secondo i criteri, i giudizi, la scala di valori di questo mondo; concretamente, in pianura l’uomo riuscito è valutato dal conto in banca, dalla cilindrata della macchina, case, visibilità sugli schermi televisivi, sui giornali, nei video dove si parla di lui.

Secondo questi criteri cosa vale Gesù? È uno sconfitto, un perdente, un fallito, non ha case, non ha campi, agli occhi del mondo non è nessuno… finché si rimane in pianura Gesù è valutato così, sì un uomo buono ma non lo si segue; per vedere in un modo diverso questa persona bisogna salire sul monte.

Che cosa accade sul monte? C’è la preghiera.

Abbiamo sentito fin dall’inizio del racconto che Gesù è salito per pregare

– solo Luca dice la ragione per cui Gesù è salito sul monte – e sarà durante la preghiera che anche questi tre discepoli cominceranno a vedere un cambiamento dell’aspetto del volto di Gesù… “mentre pregava l’aspetto del suo volto divenne altro”.

Che cos’è questo cambiamento dell’aspetto del volto di Gesù che un gruppo di discepoli ha cominciato a vedere?

Staccandosi dal modo di pensare degli uomini hanno cominciato a capire che il volto sfigurato del Maestro, quello che Lui ha annunciato, cambiava, diveniva splendente, il volto dello sconfitto diventava quello del vincitore perché adesso entravano nel modo di vedere di Dio, quel volto sul monte cambia tutto, i giudizi sono rovesciati.

Se vogliamo sintonizzare i nostri pensieri con quelli di Dio, vanno coltivati questi momenti di preghiera, che significa intimità con Cristo nel silenzio, è impossibile essere coinvolti nei pensieri di Dio quando si è storditi dalla confusione, dal cellulare che continuamente squilla per scambiarci magari delle banalità, per raccontarci sciocchezze… se ci si lascia coinvolgere nella fiera delle vanità proposta in questo mondo dai media, noi non riusciamo ad entrare nel modo di giudicare la vita che è quello di Dio, quindi qui è l’invito ad accostarsi a Cristo come hanno fatto quei tre e prendere in mano il Vangelo, cominciare a riflettere, formarci un criterio di giudizio non secondo gli uomini che ci porterebbero lontani da una scelta di vita riuscita.

Allora ci si rende conto che i volti degli uomini che non assomigliano a quello di Gesù di Nazareth, sono volti brutti, incutono paura perché il volto di chi compete, di chi cerca di sopraffare gli altri, non di servirli, non è più volto umano, è quello delle belve che sbranano i più deboli.

Questa è la vita della competizione del nostro mondo dove vale chi è riuscito a vincere.

Gesù ci ha fatto la sua proposta e questo volto noi lo vediamo diverso solo se entriamo nello sguardo che Dio ha sulla riuscita di una vita.

La sua veste divenne candida, sfolgorante

La veste, nel simbolismo biblico, indica tutto ciò che noi vediamo in una persona, cioè le sue azioni ed è una veste splendida, bianca, simbolo della luce, è la luce di Dio e la luce di Dio è quella dell’amore che è uscita in pienezza dalla persona di Gesù ed è quella luce che noi dobbiamo testimoniare.

La luce, se noi la accogliamo, è la luce della vita dello Spirito che deve brillare in noi, infatti dice “voi siete la luce del mondo”, deve splendere questa luce davanti agli uomini, vedano le vostre opere belle.

L’abito, secondo la pianura, qual era l’abito di cui si vestiva Gesù? Non era un abito molto apprezzato, era il perizoma dello schiavo.

Nella società greco romana, lo schiavo era disprezzato, non era certo l’ideale di uomo, adesso questo perizoma è diverso, l’abito regale secondo Dio e secondo i suoi giudizi.

E poi compaiono due uomini, Mosè ed Elia. Chi sono questi due personaggi?

Li ricordiamo, nell’Antico Testamento sono i due che sono saliti sul monte per vedere la gloria di Dio. Mosè voleva vedere il volto di Dio e Dio gli dice:

Tu non puoi vedere il mio volto, vai là nella grotta, io ti porrò la mano sugli occhi, dopo che sarò passato tu vedrai non il mio volto ma le mie spalle

L’uomo non può vedere il volto di Dio, però vede dove Dio è passato, allora vede la sua gloria perché Dio dove passa lascia i segni del suo amore.

Anche Elia era salito sul monte per vedere il volto di Dio, lui lo immaginava come il Dio che si rivela nelle forze terrificanti, il terremoto, il vento impetuoso… la gloria di Dio si è rivelata nella voce di silenzio leggero.

Non avevano visto il vero volto di Dio, l’hanno visto quando ambedue sono stati rapiti in cielo

Il racconto di Elia, lo ricordiamo, quando è stato rapito sul carro di fuoco e anche Mosè è stato rapito, non ce lo dice la Bibbia, ma era nella tradizione che ci viene riferita da Giuseppe Flavio… anche loro hanno visto il volto di Dio dopo che sono stati rapiti in cielo.

E adesso sono presenti sul monte perché devono testimoniare che l’uomo riuscito secondo Dio è Gesù.  Mosé aveva detto: “Il Signore un giorno invierà a voi un profeta come me e chi non lo ascolterà sarà tagliato fuori dal popolo”

Elia doveva tornare per annunciare, rendere presente il Messia, doveva precedere questo venuta del Messia.

Eccoli qui adesso i due che testimoniano che il Messia di Dio è Gesù di Nazareth e quei due rappresentano anche tutti i Libri sacri di Israele, Mosè la Torah, i cinque libri della legge; Elia, tutti gli scritti dei profeti che testimoniano, sono loro che rappresentano la rivelazione del Signore, testimoniano che Gesù è l’uomo secondo Dio, il vero figlio del Signore.

E di che cosa parlavano? “Del suo esodo” L’esodo che Gesù avrebbe portato a compimento in Gerusalemme.

Che cosa significa? Significa le Scritture, Mosè e i profeti, Mosè ed Elia confermano ciò che Gesù ha appena annunciato… dovrà soffrire molto, essere ucciso, ma l’esodo non sarà verso la tomba e basta, ma verso la gloria, verso la pienezza di vita.

Ecco da dove è venuta, anche a Gesù, la luce che gli ha rivelato qual era la missione che il Padre voleva che Lui svolgesse.

Anche Gesù, leggendo le Scritture e nella preghiera, ha capito qual era l’esodo che doveva percorrere.

La reazione dei discepoli adesso, di fronte a questa rivelazione nuovo del volto del Maestro, quale è stata? Sentiamo cosa ci racconta Luca:

Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Egli non sapeva quello che diceva.

A questo punto abbiamo certamente capito ciò che l’evangelista Luca ci vuole dire raccontandoci l’esperienza spirituale di questi tre discepoli di Gesù. Vuole dirci… se tu non fai personalmente la loro stessa esperienza della trasfigurazione di Gesù, tu non riesce essere suo discepolo; se tu non riesci a vedere il volto glorioso di Cristo nel volto del crocifisso che dona la vita per amore, tu non gli dai la tua adesione.

È impossibile fare la scelta di rivestire l’abito del servo, se non si è visto quell’abito trasformarsi in un vestito regale, glorioso, che brilla della luce divina.

A questo punto che cosa accade?

Continua l’esperienza spirituale di questi tre discepoli che Luca ci racconta… “sono colti dal sonno

Di che sonno si tratta? Il sonno è il momento in cui gli occhi si appesantiscono, pian piano si chiudono e non si vede più niente.

Cosa ci vuol dire Luca?  Che non è facile continuare a scorgere un volto glorioso, quando si ha davanti un volto coperto di sputi, coronato di spine.

I tre discepoli hanno intravisto qualcosa della gloria divina, ma poi i loro occhi si sono offuscati di nuovo e hanno ripreso a vedere le cose come le vedono coloro che non sono stati sul monte; il sonno indica la difficoltà ad assimilare i criteri e giudizi di Dio.

È facile tornare a ritenere grandezza ciò che è gonfiore, idropisia, a ritenere bellezza ciò che è ingannevole apparenza.

Paolo difatti scrive ai romani: “È ora di svegliarvi dal sonno, scuotervi dal torpore spirituale, perché è molto facile lasciarsi di nuovo avvolgere dalla tenebra del mondo

E a questo punto “Mosé ed Elia si separano da Gesù” e mentre loro si separano, Pietro fa una proposta un po’ strana… “costruire tre tende”.

Il significato di questa immagine non è facile da determinare però, certamente si riferisce all’esperienza dell’esodo, perché dell’esodo di Gesù si sta parlando ed è un esodo al seguito di Lui che è proposto ai discepoli.

Costruire delle tende… chi costruisce una tenda, vuol dire che vuole fermarsi, non costruisce una tenda per poi partire.

Come mai Pietro si vuole fermare?

Ha capito quello che Gesù propone e dovrebbe seguirlo, ma è tentato di fermarsi.

La nostra esperienza spirituale ci aiuta a capire, quando ascoltiamo il Vangelo, siccome siamo fatti bene, immediatamente sentiamo una voce che ci dice è proprio così, fai ciò che Gesù ti dice, indovini la vita, ma noi vorremmo fermarci ad avere capito… non basta, bisogna muoversi, tradurre nel concreto della vita questa esperienza spirituale, bisogna porla in atto.

Noi non torniamo volentieri alla vita di ogni giorno perché i problemi, i conflitti sociali, i dissensi familiari, i drammi con cui dobbiamo confrontarci, ci incutono paura.

Tuttavia, la nostra vita non si esaurisce nell’ascolto della Parola, il rapporto sano con il Signore non porta al ripiegamento su se stessi, non ci chiude in uno sterile intimismo spirituale, ma spinge all’incontro con i fratelli, Gesù ci porta sul monte per poi tornare trasformati in mezzo ai fratelli.

È adesso la conclusione del racconto con la voce del cielo che suggerisce ai tre discepoli e a noi che cosa fare. Ascoltiamo:

Mentre Pietro parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

E mentre c’era la voce, restò Gesù solo.

Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Luca introduce adesso una nuova immagine biblica nel suo racconto, “l’immagine della nube”.

Ricorre frequentemente il richiamo alla nube, soprattutto nel Libro dell’esodo, è l’immagine della presenza di Dio.

Dio raramente è presentato come sole, molto spesso invece, come ombra, come nube.

Capiamo anche il perché… il popolo d’Israele sentiva la presenza e la protezione del suo Dio nell’immagine dell’ombra e della nube, Lui ha camminato nel deserto – e lì in sole infastidisce tanto -, si sente protetto dall’ombra e dalla nube.

Un’ immagine che noi troviamo quando Mosé sale sul monte, la cima del monte è ricoperta dalla nube perché lì è presente Dio che parlerà a Mosé; anche quando è costruita la tenda dell’incontro di Mosè con il Signore, questa tenda si copriva della nube.

Dovunque c’è questa nube è il segno che si è avvolti dalla presenza di Dio, ed è ciò che è accaduto a questi discepoli, sono stati introdotti in questa esperienza spirituale e hanno capito quale esodo avrebbe compiuto il loro Maestro.

Da questa nube esce una voce.

I discepoli sono spaventati quando si sono resi conto del cammino che Gesù proponeva loro.

Da questa nube esce una voce: “questi è il figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”

È la stessa voce che si è udita nel giorno del battesimo, ma qui c’è un’aggiunta “ascoltatelo”.

Là era solo indicato come “il figlio, l’eletto”, colui che riproduce perfettamente il volto del Padre, qui c’è il suggerimento “seguite lui, ascoltate lui”.

È l’interpretazione di Dio su tutto ciò che accadrà a Gesù, per gli uomini Lui sarà lo sconfitto, ma per il Padre del cielo è il figlio autentico, l’eletto, il servo fedele del quale Lui si compiace.

Ascoltate lui, anche quando sembrerà proporre cammini troppo difficili, strade anguste, scelte paradossali… ascoltate lui.

Per concludere un richiamo ancora a quegli otto giorni, l’evangelista Marco, nello stesso racconto, parla di sei giorni dopo, Luca otto giorni.

Per i cristiani il numero otto ha un significato ben preciso, è il giorno della Pasqua, Il giorno in cui la comunità si riunisce per ascoltare la Parola del Signore e per lo spezzar del pane.

Ecco allora che cosa intende dirci Luca con quegli otto giorni, dice:

Ogni domenica, i discepoli che si ritrovano per celebrare l’eucarestia, salgono sul monte e sul monte vedono il volto del Signore trasfigurato, colui che si è fatto pane, che ha consegnato tutta la sua vita, e hanno questa proposta che Lui fa “unite la vostra vita alla mia”.

E la voce del cielo ci dice: se volete indovinare la vostra vita, se volete essere davvero figli del Padre del cielo, ascoltate Lui.

Il testo è stato trascritto dal video senza la revisione dell’autore.